Aria di qualcosa che è stato, e che forse non è più, non può essere più, nei dipinti di Daria Picardi. Aria di Roma, innanzitutto, nel soggetto, quello da cui trae l’ispirazione più significativa, ma anche nella suggestione artistica e più latamente culturale, da epigona di una storia pittorica locale, la principale del Novecento, di cui ha avuto modo di frequentare e prendere a modello un suo esponente importante, Carlo Socrate, giunto negli ultimi anni di vita. Di Socrate, ritroviamo i paesaggi urbani asciutti, quasi in recupero dell’esempio supremo di Corot, privati di qualunque accenno a umanità di contorno che sarebbero solo di fastidioso impiccio, nell’assorta, rispettosa contemplazione di un’anima urbis, fin troppo cosciente del suo fascino secolare, che nel suo significato più veritiero, estraneo al pittoresco più chiassoso e folcloristico, può rivelarsi solo nel silenzio di atmosfere sospese. Essenziale, nelle vedute panoramiche e nelle ricorrenti rappresentazioni di ponti sul Tevere, la definizione delle masse, volutamente indifferente al dettaglio superfluo, fino al punto di lambire acerbità popolareggianti che odorano di Strapaese, cosi come controllata è la resa cromatica, polverosa e slavata, seppure non con gli eccessi rigoristici più graditi al Socrate maturo, quasi che le virulenze espressioniste di un Mafai, di un Guttuso o di un Pirandello, che pure non avevano mancato di stimolare l’ambiente romano, fossero avvertiti come peccati di una gioventù ormai in via di inesorabile sfioritura.Tutto sembra essersi fermato ai tempi, per certi versi magici, del dopo Quarantaquattro, del caffè Aragno, di Via Margutta, degli studi a Villa Strohl-Fern. Ma oggi il caffè Aragno è chiuso da tempo ormai immemorabile, Via Margutta è strada per turisti e benestanti, gli studi a Villa Strohl-Fern non esistono più, e quando sono sopravvissuti (quello di Francesco Trombadori) fanno museo. Rimane la nostalgia, per quello che si era, prima ancora che per quello che era.E il piacere dei sentimenti privati, quelli che la Picardi rivela nella garbatezza dei suoi ritratti domestici, a conferma di una sensibilità profondamente borghese, nel senso più nobile del termine.
Vittorio Sgarbi 2017